Noi

Poesie – Scritte da noi

Poesie – Scritte da noi – Girando in mezzo ai miei Hard disk, ho ritrovato queste cose scritte da noi un po di tempo fa, credo che visti i contenuti siano sempre attuali e debbano stare qui

LA FESTA DE NOANTRI A COLLEGENTILESCO
Ma chi ce crederebbe che ‘n paesello
e quattro gatti come er nostro Colle
t’organizza ogni anno sur più bello
na festa che ne parlano le folle.

A coppie te poi fa ‘na briscolata
oppure poi pesca’ fra tante cose;
li ragazzini c’avranno ‘na giornata
che s’aricorderanno co’ le spose.

Se sei forte co l’indovinelli
giochi de penna e te fai er quizzone,
ce giocano li brutti co li belli
giovani e vecchi nella confusione.

Poi c’è Trieste…come t’ha ‘ncontrato
t’appioppa li bijetti e nun te molla
e nun fa’ er vago, tanto t’ha puntato
te marca stretto peggio de la colla.

Ma la cosa più bona de ‘sta festa so’
le ciambelle; l’avete già assaggiate?
Eccezzionali, dorci, calle calle,
da quello zuccheretto circondate.

‘Nzomma, è bello quanno tutti l’anni
Se famo ‘na magnata in allegria,
scordanno pe’ ‘na vorta musi e affanni
cor vino bono e bona compagnia.

Venitelo a vedé ‘sto paesetto
Quattro case, ‘na piazza e du’ cristiani
ma è ‘n gioiello da tenesse stretto
lo sanno bene tutti ‘sti romani.

di Carla Ceccaroni

SEMPRE ARRIVANDO….

Sempre arrivando
si mostra, all’improvviso,
ai tuoi occhi il paese
e a destra i monti
che fino a poco prima non vedevi.

E quel leone…
sempre accovacciato,
un poco sonnolento,
un po’ annoiato

E l’aria…
quell’aria che la senti
diversa, fresca, pura come ieri
che ti entra nelle vene
e placa
tutti gli affanni
e tutti i tuoi pensieri.

E la salita…
che ti fa come correre e anelare
a quella piazza antica.

E appena arrivi
cerchi facce note,
almeno una
che ti sembri amica,
qualcuno che
anche se non ti aspettava
ti guarda e sa chi sei
…e non è poco

Arrivi carico
di valigie e ricordi.
Pronto li posi a terra
e guardi intorno.

E ogni volta
un po’ di te è cambiato
e un po’ di tutto quello
che ora vedi

E poi, subito,
appena sei arrivato
già ti prendono
noia e nostalgia
e ti sembrano mesi
che stai lì
e quasi già vorresti
andare via.

di Carla Ceccaroni

OMAGGIO A COLLE…

Nei miei ricordi…

Una manciata di case arroccate su un colle assolato e improbabile, tutte riunite come a fare salotto intorno a quell’unica piazza…questo è Collegentilesco, il paese al quale da anni ritorno ogni estate, anche se per poco e sempre con un vago senso di nostalgia.
Ogni volta mi prendono tanti ricordi…
Ricordo quando la “costarella” non era ancora asfaltata e uno dei nostri giochi preferiti era quello di salire, dopo l’atteso invito di Armando, su una “traia” o un carro pieno di balle di fieno.
Sobbalzavamo su quei sassi facendoci portare fino ai “picchetti” e ci sentivamo i re dell’universo.
L’aria era tutt’uno con l’odore del fieno e delle mucche che ci guardavano con quei grandi occhi buoni e il naso umido, e noi annusavamo e gridavamo felici.
Parlo al plurale perché tutti i miei ricordi sono legati a mio fratello e ai miei cugini: eravamo invincibili.
Le nostre lunghe giornate estive, in quelle lunghe estati che duravano tre mesi pieni, erano fatte di battaglie contro galli particolarmente combattivi e di passeggiate alla “palombara” con zio Mario, che ci raccontava le storie di Giovannino senza paura.
Se le inventava lui ogni volta per noi, ed erano sempre piene di fascino e di mistero.
Ricordo anche la giornata del bagno…un avvenimento!
Un grande bagnapiedi vicino al camino e noi che venivamo lavati a turno.
Prima io, unica femmina, separata dagli altri e poi uno a uno loro, i maschi…La vasca non c’era, come in ogni casa che si rispetti, e sembra un secolo fa.
Ricordo le passeggiate con nonno Bartolo, quando andavamo a funghi alle “prata larghe”, i pratoni al bivio di Scai, che oggi sono così cambiati, e i torini che si affacciavano fra l’erba bianchi, sodi, stupendi.
E quanti ce n’erano, quanti, e che soddisfazione trovarli e raccoglierli: uno, un altro e ancora uno…
Ricordo le giornate della trebbiatura all’aia.
C’era una nuvola di polvere che rimaneva fissa nell’aria per giorni e gli uomini si caricavano i sacchi pieni e pesanti sulle spalle impolverate, fermandosi ogni tanto per un bicchiere di vino.
Il rumore di quella goffa macchina, la “trebbiatrice”, ci stordiva e rimaneva nelle orecchie fino alla notte, insieme con i canti delle cicale e a qualche spiga incastrata nei calzini.
E le donne,chiacchierando, ruotavano i setacci per separare con movimenti abili e veloci non ricordo più cosa…e le cassapanche e i capestili e il gioco della “morra” la sera e…
Ricordo le pesca dei gamberi alla “Nea”, quando partivamo di notte armati di stivali, torce, secchi e retini per andare al fiume a pescare quei gamberi azzurri, placidi e accecati dalle nostre luci improvvise, che nel vano tentativo di fuggire cadevano nella trappola dei nostri retini.
Erano tantissimi e nella pentola il loro azzurro si trasformava come per magia in un gustosissimo rosso.
Sono scomparsi all’improvviso, tutti insieme, un po’ come i dinosauri, non ce n’è più neanche uno (e non per colpa nostra…).
Oggi torno a questo paese un po’ più stanca, con occhi diversi e vedo tante facce che non conosco più, soprattutto tanti ragazzi dei quali non so nemmeno il nome.
Ma la cosa che più mi colpisce è vedere la piazza trasformata in un grande e affollato garage all’aperto e quelle case riunite a salotto che si sentono un po’ messe in disparte, come in secondo piano, usurpate della loro intimità e tranquillità invernale.
Comunque per me come per tutti, credo, tornare ogni anno a Colle è quasi una malìa, un richiamo al quale non si riesce e non si vuole resistere per ritrovare ancora quelle montagne, quell’aria, quel silenzio, quei gesti sempre uguali, quella noia e quei mille ricordi che continuano ad accompagnarci un anno via l’altro come fogli di un calendario che il vento porta via, insieme con i nostri pensieri.

di Carla Ceccaroni

Come pesa questa valigia…..
vi ho chiuso dentro i miei sogni,
le mie umili cose
e le foto di mamma e papà.

Parto, il vento nei capelli
il vestito più bello
e il sorriso dei miei vent’anni.

Come sarà la vita domani?
La città, il lavoro, la casa.
Ti lascio Colle mio
dove ho trascorso le ore più belle.

Un giorno tornerò qui
e porterò i miei figli;
impareranno ad amarti
come ti amo io

e ascolteranno le storie
sussurrate dalle tue case.

di Anna Maria Balducci

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